La pasta è un alimento molto amato, che risponde egregiamente all’annosa domanda “cosa mangiamo oggi?”. Un bel piatto di pasta al sugo, una semplice aglio e olio, l’amatissima carbonara, e in 15 minuti puoi mettere in tavola senza fatica un pasto soddisfacente e completo per molte persone. Ma cosa succede se mangi pasta al dente con problemi di digestione e glicemia alta?
La pasta non è un alimento vietato a chi soffre di diabete e necessita di tenere sotto controllo la glicemia, anche se è preferibile limitare i quantitativi e prediligere i formati lunghi rispetto quelli corti, rei di detenere un indice glicemico più elevato. Ma ecco la sorpresa: anche il tempo di cottura della pasta può influenzare l’indice glicemico di questo alimento. I dati di riferimento infatti si riferiscono alla pasta cotta al dente, che presenta un IG di 45 che però aumenta se si prolungano i tempi di cottura. La pasta ottenuta da farina integrale ha un indice glicemico leggermente più basso, ma il consiglio resta sempre lo stesso: scolare la pasta ancora al dente aiuta a controllare la glicemia.
Purtroppo per quanto riguarda la digestione, abbiamo gli effetti opposti. Pur essendo un alimento abbastanza digeribile e ben tollerato -tranne che nei soggetti affetti da celiachia o intolleranza al glutine- la pasta meno cotta o “al dente” viene intaccata dai succhi gastrici con maggior difficoltà. Si ottiene una digestione incompleta, con minor assorbimento di sostanze nutritive, transito rallentato degli alimenti nel tratto intestinale e conseguente aumento di gas. Quel che è peggio rischia di creare una specie di collante che incrosti permanentemente l’intestino. Questo perché la pasta è costituita principalmente da glutine e amido. Il primo assorbe il secondo, e il secondo si gonfia assorbendo l’acqua. Una cottura prolungata causa il disfacimento e il rilascio di questa sostanza lungo il tubo digerente, il che impedisce l’assorbimento delle sostanze in transito.
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