La ritenzione idrica è un fastidioso problema con conseguenze sia di salute che estetiche. Fortunatamente la stagione primaverile appena entrata ci concede un valido alleato in uno dei suoi prodotti tipici: le fave. Questi baccelli contenenti semi in numero variabile (da 6 a 10 a seconda della varietà) sono piante annuali appartenenti alla famiglia delle fabacee. Sono poco caloriche ed estremamente proteiche: vantano 8 g di proteine e solo 88 calorie ogni 100 gr di prodotto. Sono ricchissime di potassio (332 mg) e altri minerali come magnesio, calcio e ferro. Quest’ultima sostanza le rende preziose in caso di anemia ed astenia, e fornisce sostegno per affrontare brillantemente il cambio di stagione. Ma cosa succede se mangi fave con la ritenzione idrica?
Le fave fresche contengono vitamina C e vitamina B6, che oltre a fornire energia contribuiscono a rendere la pelle elastica, tonica e splendente. Ma è soprattutto la ritenzione idrica a beneficiare del vantaggio offerto dalle fave. Questo ortaggio è ricchissimo di acqua (83,9 gr su 100 di prodotto!) che di per se favorisce la diuresi. Ma è soprattutto l’alto livello di potassio a favorire il turn-over idrico, aumentando la diuresi e permettendo di eliminare i liquidi in eccesso. A beneficiarne immediatamente è sia la salute che l’aspetto della gambe, che appariranno più sgonfie, snelle e nutrite, grazie agli antiossidanti presenti in questo ortaggio.
Le fave sono in grado di apportare benefici anche all’apparato cardiocircolatorio, grazie alla loro capacità di diminuire i livelli di colesterolo cattivo. Anche il loro buon contenuto di fibre riduce il colesterolo insieme ai libelli di glucosio con conseguente regolazione della glicemia. Le fave contengono inoltre acido folico, indispensabile per prevenire malformazioni fetali ma utile al nostro cervello lungo tutta la nostra esistenza. Ricerche recenti affermano come le fave aiutino anche a contrastare il morbo di Parkinson, in particolar modo con benefici effetti contro la sintomatologia quali tremori e rigidità. Questo grazie all’aumentata presenza di L-DOPA nel sangue, un precursore della dopamina.
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